All’inizio degli anni 90, il Município da Cidade commissionò a Wim Wenders un documentario sulla città di Lisbona; il regista decise di trasformarlo in un film e nel 1994 uscì Lisbon Story, dedicato a Federico Fellini, che era scomparso l’anno prima.
Io lo vidi l’anno successivo, quando fu presentato al Festival di Cannes 1995, con la mia amica Annapaola. Nel frattempo avevo letto il magnifico libro di Antonio Tabucchi, “Sostiene Pereira” e già da tempo avevo imparato ad amare Pessoa e grazie a questi avevo iniziato a conoscere la Città della Luce.
Ricordo ancora che, quando uscii dalla sala con le note di “Alfama” e la bellissima voce di Teresa Salgueiro, che ancora mi suonavano nelle orecchie, giurai a me stessa: “l’anno prossimo sarò a Lisbona”.
La vita mi ha poi portato ad altre scelte e la mia personale Lisbon Story ho potuto viverla solo nel 2018.
Arrivammo in una mite serata di febbraio nell’appartamento che avevamo affittato nel quartiere Mouraria, il cuore multietnico di Lisbona, un quartiere di quelli che si possono trovare solo in una città di mare e di porto; un quartiere speciale, reso perfettamente da Céu da Mouraria, un altro brano della colonna sonora del film, eseguito anch’esso dai Madredeus.
Mouraria, che deve il suo nome al fatto che, in quella parte della città, vivevano gli arabi, o per meglio dire i Mori; è sempre stato considerato una zona popo,lare (per alcuni malfamata ma non sono assolutamente d’accordo), è un quartiere genuino, che non fa l’occhiolino ai turisti e si mostra con le sue rovine e le sue bellezze ed è capace di raccontarsi con scene di vita quotidiana pura e mai falsata.
La mattina iniziamo ad esplorare il nostro quartiere. Ci troviamo in un dedalo inestricabile di terrazze, passaggi angusti, scalette che si inerpicano; i murales che colorano le strade sono bellissimi e intensi, tanti negozietti di merci improbabili si susseguono lungo le stradine disconnesse e i panni, stesi sui balconi, rendono il tutto familiare, casalingo. Procediamo a zonzo senza una meta precisa, perché il primo giorno in una città che non conosciamo deve essere così: dobbiamo annusare il territorio, conoscerlo e farlo nostro; solo dopo, quando sentiremo di farne parte, potremo dedicarci ai siti più famosi e ai monumenti. Come il protagonista di Lisbon story (ma senza il grande microfono) giriamo per le stradine, ne catturiamo odori e rumori: il cigolio del tram, un balcone che si apre, urla di ragazzini che giocano.
Percorrendo rua da Farinhas ci fermiamo a comprare delle empanadas, da Union, le mangeremo alla panchina de Largo São Cristóvão, dove iniziano le scalinate con lo stesso nome. A meno di 200 metri dalla panchina c’è il Castelo de São Jorge, ma oggi non è giornata di musei o castelli, così decidiamo di scendere la scalinata, che è piena di murales bellissimi da fotografare.
Gradino dopo gradino, colore dopo colore, arriviamo in fondo e sotto l’arco ci accoglie la più piccola libreria del mondo.
È la Livraria Simao, circa 3000 libri contenuti in uno spazio di quattro metri quadrati. Il proprietario si chiama Simao Carneiro, è un enologo e chimico appassionato della lettura. Nella libreria c’è posto per una sola persona e per entrare occorre aspettare in fila, ma ne vale la pena: dentro si possono trovare libri di ogni genere, comprese molte guide turistiche, in varie lingue e un intero scaffale dedicato a Pessoa. Il suono delle pagine sfogliate aggiunge una nuova melodia alla nostra Lisbon Story
Ci sono tante bellezze a Lisbona, ma paradossalmente non sono queste che ricordo quando penso “torneremo a viaggiare, torneremo a Lisbona”, penso ai colori dei murales alle stradine che si inerpicano verso angoli improbabili, agli odori, all’intensità della luce del sole ed a questa minuscola meravigliosa libreria.
Il viaggiatore procede per i vicoli tortuosi, dove le case da un lato e dall’altro quasi si toccano, e lassù dove il cielo è una fessura tra le gronde separate a stento da un palmo o per queste piazzette inclinate dove due o tre scalini aiutano a vincere il dislivello, e vede che alle finestre non mancano i fiori, né le le gabbie con i canarini.
(José Saramago)
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